allegato 4

filosofia in filastrocca

Quando la filosofia si fa gioco di parole

nascita dell’idea

Quando scrivo la prima filastrocca (che è l’ultima che qui condivido) il progetto della Raccolta ancora non l’avevo neppure immaginato.

Scritta di mia libera iniziativa assieme ad un articolo sul tema “il cambiamento”, doveva essere il mio contributo per il lancio di un’Associazione di Consulenza Filosofica.

Nel mentre scrivevo l’articolo, le parole che digitavo sulla tastiera stranamente si susseguivano secondo un ritmo particolare. Decido di seguire l’ispirazione e, praticamente di getto, compongo la filastrocca. 

Il risultato mi piace e mi diverte. Così, per gioco, mi metto a pensare a quali altri temi avrei potuto trattare in forma di filastrocca.

crescita dell’idea

L’ambito su cui decido di scrivere è la filosofia e la filosofia, come si dice, è l’arte di fare domande. Perché allora non cominciare con lo scrivere sui pronomi e gli avverbi interrogativi (le cosiddette 5W degli anglosassoni)?

Scrivo “Che cosa”, “Chi”, “Perché” e “Dove”.

Quasi in contemporanea però la lista dei temi su cui volevo scrivere cresce in maniera incontrollata. Se la filosofia è certamente l’arte di fare domande, essa però è anche la “chimica” del concetto. Per questo, dato che volevo fare Filosofia in Filastrocca (questo il titolo del progetto che pian piano si era formato nella mia testa), c’era bisogno di ampliare la “tavola periodica” dei concetti filosofici fondamentali anche a verbi, pronomi personali e sostantivi. “Parole” come “essere“, “divenire“, “Io“, “verità“, “forma“, “sostanza“, ecc., non potevano non essere trattate.

Conclusione? L’elenco si fa lunghissimo; il lavoro troppo impegnativo; il progetto di difficile realizzazione. Lo metto in stand-by.

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Di seguito condivido l’Indice (provvisorio) della Raccolta e le filastrocche che sono riuscito a scrivere. Alcune sono più semplici e immediate; altre, più complesse, sono una specie di commento su temi o opere specifiche proprie della tradizione filosofica. Per questo ho aggiunto delle note per aiutare il lettore poco pratico di filosofia.

 

Buona lettura!

indice

Introduzione
  • Lo Stile in Scrittura (✓)
Pronomi e avverbi interrogativi
  • Che cosa (✓)
  • Chi (✓)
  • Dove (✓)
  • Come
  • Quando
  • Quale
  • Quanto
  • Perché (✓)
Pronomi personali
  • Io
  • Tu
  • Egli
  • Si
  • (IV Persona del Singolare)
  • Noi
  • Voi
  • Essi
Verbi
  • Essere
  • Divenire
  • Nascere
  • Morire
Sostantivi
  • Essere
  • Nulla
  • Immanenza
  • Trascendenza
  • Forma
  • Sostanza
  • Idea
  • Concetto
  • Essenza
  • Esistenza
  • Verità
  • Senso
  • Ragione
  • Identità
  • Differenza
  • Negazione
  • Fondamento
  • Fondazione
  • Abisso
  • Tempo
  • Eternità
  • Storia
  • Evento
( Aggiunta )
  • Sul cambiamento (✓)

filastrocche

Lo stile in scrittura

Lo stile in scrittura ce l’hai o non ce l’hai:

Trovane uno e molti ne avrai.

Perché l’Uno, nel caso, ha poco da dire,

E Due è già molti, e in costante svanire. 

 

Avere uno stile è questione di stile:

Provar commozione e travaso di bile,

O vedere le cose non senza capire. 

 

Avere uno stile è conoscer più voci:

Esperienza dell’oggi senza esser veloci,

E quella di ieri, oppur del domani,

Trasfigurando così il con-essere umano.

 

È parlare di niente e sapere che siamo.

 

O guardare una donna dicendole “t’amo”

Sapendo che d’essa il possesso è chimera,

Ricca miniera da non esaurire,

Ché se si possiede, così com’ si vuole,

Ne rimarrebbe un gelato nel sole,

O vuote parole tendenti alle rime.

 

Parlare di niente è questione di stile.

 

NOTA

 

Liberamente ispirata a Sproni. Gli stili di Nietzsche di Jacques Derrida, questa filastrocca vuole suggerire quanto sia necessario esperire il mondo in maniera plurale e saperlo valutare in maniera plurivoca affinché si possa avere stile in ciò che si fa.

Che cosa

«Il “cosa” è la cosa che abbiamo davanti.

Chieder “che cosa”! – Evitare l’avanti!

E sempre fermarsi e far punto fisso.

(Ché se non lo faccio cadrò nell’abisso!)»

 

«Ciò che io vedo, l’oggetto che è stato,

È solo materia che ho intenzionato,

E mai anche lo spirito fattosi oggetto.»

(Ciò che è normale è tutt’altro che retto!)

 

Creder che il cosa da me altro sia

È seguire diritti la solita via,

Strada non priva di insidia e illusione.

Infatti affermarlo com’ ciò che si pone 

Il Tutto fa esser contraddizione:

Che Due sia sempre ma mai sia Uno,

Che la Verità sia sol per ciascuno.

 

Quando al contrario io sono attento

Io mi ritrovo in ciò che io cerco,

Così in essenza in fondo divento 

Quiete profonda e profondo lamento,

Che non sono affatto in contraddizione

Ma Cosa Vera e Vera Ragione.

NOTA

 

 Il “Che cosa” che dà titolo alla filastrocca si riferisce a quella che da molti è stata definita come la domanda fondamentale della metafisica; quella domanda che indaga su ciò che è l’ente o, meglio, che chiede dell’essenza dell’ente. L’argomento qui usato vuole porre in discussione questo modo di domandare; modo sul quale, tra l’altro, si sorregge non solo tutto il pensiero scientifico, ma anche il nostro stesso senso comune, quel senso al quale quotidianamente ci affidiamo per comprendere il mondo. Il fine della filastrocca è duplice: mostrare che il domandare metafisico non può che produrre un sapere dualista (cosa questa che, in definitiva, porta al relativismo e, quindi, allo scetticismo) e che questo sapere non solo non ha alcun fondamento, (dunque è illusorio), ma è anche in sé contraddittorio (dunque è errato).

Chi

Il Giglio ribelle sospetta del “cosa”

E dal Sessantotto fa lotta furiosa 

Che prende di mira il tradizionale

Modo di chiedere e di domandare:

 

«Cercare l’essenza è già pregiudizio

Che crea buon senso e senso comune:

Strade Maestre seguite dal tizio

Dall’abito uguale a genti e persone».

 

«Chiedere “chi” rivolta il pensiero,

Costringe a distinguere il vero nel nero

Dal quale prendiamo la spinta all’azione

(Non ci crediamo soltanto persone!)

 

Crediamo ai motivi creatori di mondi

E non solo ai fatti, che poi ti confondi

A creder le cose come solo poste».

Noi tutti non siamo che istanze nascoste.

NOTA

 

Il Giglio della filastrocca è Gilles Deleuze. Le opere che hanno ispirato la filastrocca sono Differenza e Ripetizione e Nietzsche e la filosofia. Il messaggio che il componimento vuole dare può esser così parafrasato: ciò che conta non sono quali cose ciascuno di noi cerca nel mondo, ma “chi” è che, in fondo, in noi sta cercando, cioè qual’è il motivo “nascosto” e profondo che guida le nostre azioni e che, così guidandoci, ci mostra (tra l’altro) un mondo plasmato a sua  immagine.

Dove

Ogni spazio ha sempre un dove.

(Lo Spaziale è dell’umano!)

 

Dove è caldo o dove piove

L’uomo ovunque mette mano

E verso esso sempre muove

Sia gigante oppure nano.

 

Ciò vuol dire che c’è Dove

Molto prima dello Spazio,

Che noi tutti siamo prove

Che in Principio fu l’Intentio.

 

Se ad esempio andiamo a nove

Ciò vuol dir che volevamo

Veder otto cose nuove.

(Non contiamo, noi creiamo!)

 

Tutto questo sembra strano?

Che dire allora del mistero

Che fa muover la mia mano

Sempre verso ciò che spero?:

 

Afferriamo con la mano

Solo ciò su cui crediamo;

Ci affidiamo al nostro vero

Per dar luce a ciò ch’è nero.

 

Ciò vuol dire che l’umano

Vede oltre il più lontano.

Non a caso non è raro

Ch’io sia già in quel lontano

Proprio ora che qui imparo

E fo’ del mondo il mio riparo.

NOTA

 

Kant fin dove Kant non si è voluto spingere: questo il contenuto della filastrocca, il cui messaggio ha a che fare con l’argomento che avrei trattato nel Trattato, e cioè: il “fondamento abissale” di ogni Legge e Principio Universale (in questo caso: dello Spazio) sta in quella verità estatico-esistenziale che può essere conquistata solo esperendo ciò che Heidegger chiama Ereignis (cioè: l’evento-appropriazione dell’Essere).

Perché

La parola “perché”, più d’ogni altra,

Esprime l’essenza autentica d’uomo,

Ché s’ella s’esprime così com si canta

S’accende la luce di splendido dono.

Cantare significa ‘chieder sincero’,

E dono vuol dire ‘profondo mistero’

Per l’esserci spinto e curioso nel chieder

Il senso dell’Esser che vuolsi conceder.

 

Ma il noi votato alle buone maniere

Si scorda di questo: «È ciò che conviene!»

Se invece un bambino la formula piano

Noi tutti risponder allerta dobbiamo,

Ché se ci si scosta da questo dettame

Perdiamo il valore di tutto il reame:

«Regnare nel mondo è cosa da grandi!»

Ma quante ricchezze più tu non ti prendi…

 

Curioso il fanciullo vuol la sua risposta

A domanda impellente quand’anche s’arresta

A semplice formula e chiara abitudine.

Ad egli per questo dobbiam gratitudine 

Di farci svegliare dal nostro torpore,

Di essere pieni di assurdo terrore.

Tutto è complesso ma semplice è Amore.

Vediamo nel mondo di nuovo splendore!

 

Il sole risplende comunque ogni giorno

Per quanto noi poco facciamo ritorno 

Al magico viver di quando eravamo

Bambini sognanti. Ma ancora sogniamo?

Viviamo una vita che fa la rincorsa

A calcoli freddi e affari da Borsa,

Così noi perdiamo il senso profondo

Dell’esser sorpresi da cose del mondo.

 

Facciamo un esempio che tanto ci dice:

Il semplicemente ti rende felice.

La semplice rima è già meraviglia!

In essa noi invece vediam la fanghiglia,

Ch’è semplice gioco da non abusare, 

Ché se lo si fa in maniera costante

Facciamo sonetto ma non da cantante.

Col metro l’adulto sa sol misurare.

 

NOTA

 

Di più facile comprensione rispetto alle altre, questa filastrocca punta sul bisogno che noi tutti abbiamo di saperci meravigliare di nuovo del mondo. Cosa possibile per il bambino, che chiede il perché di ogni cosa perché per lui ogni cosa fa mistero. Cosa difficile per l’adulto, abituato ormai a significati stabili e condivisi che, in fondo, inaridiscono il suo spirito rendendolo servo e schiavo del “buon senso comune”.

Sul cambiamento

«Ora urge un cambiamento!»

Grida il Premier dal suo scranno 

(stessa giacca – scorso anno)

 

«Noi non siamo ancora pronti!»

Fischia invece la sua folla.

E già cambia sport e palla.

 

«Cambiar sì, ma fare i conti:

Progettiamo un’altra via…»

«No la tua! Sì la mia!»

 

«Cambiar sì, ma in modo lento»

Dice infine chi s’arranca.

(Cambiar vita in fondo stanca)

 

Tutti quanti noi crediamo 

Che cambiare sia lontano,

Quanto invece ad ogn’istante

Aria aperta e diradante

Che ci chiama ad una scelta

Dileguantesi alla svelta.

E così noi rimandiamo

Quel che oggi noi possiamo.

 

Abitudine e memoria 

Sono cose che fan storia.

Io mi illudo e mi travesto

Perché credo Sia lo Stesso.

Quando invece l’illusione

Ha ben poco di ragione,

Ché se guardo in fondo in fondo

Ogni giorno è un Altro mondo.

 

NOTA

 

La filastrocca gioca sul tema del cambiamento, ironizzando sul fatto che si cambia anche quando non si vuole cambiare e che, di converso, può succedere che non cambi nulla quando invece si crede di farlo. Il messaggio finale: ad ogni istante ci è data la possibilità di cambiare; ad ogni istante siamo chiamati ad una decisione; di solito però scegliamo di proseguire sulla strada a cui siamo abituati.